Spin One Two


Fare cover è sempre stata una prerogativa per qualsiasi gruppo che abbia iniziato a muovere i primi passi musicali sia nelle più maleodoranti cantine, che nelle più linde salette prove. Con il termine "cover" si è soliti indicare un brano musicale scritto da un gruppo, da un musicista e riproposto da un altro gruppo, un altro musicista. Se gli U2 si mettono a cantare "Help" dei Beatles, stanno facendo una cover dei Beatles. In alcuni casi, una cover può decidere l'inizio della carriera di chi la propone o il brano di punta di un disco non proprio convincente. In altri casi può consacrare l'autore del brano se chi si cimenta nella cover è un artista di livello. Ma esistono casi in cui l'incidere cover è solo un fattore secondario, quello principale è il poter fare musica. D'altronde anche gli stessi 4 baronetti di Liverpool nei loro primi album hanno inciso sia cover che brani scritti da loro. Infine c'è modo e modo di fare cover: si può suonare il brano tale e quale a quello originale, e si può invece cambiarne forma. In quest'ultimo caso ci si appropria in qualche modo della cover, al punto che viene messa in competizione con l'originale (quante volte si sentono dialoghi così: "hai sentito la versione di questo brano fatta da taldeitali?"; "si, ma preferisco la versione di questiqua"). Il brano "Twist and Shout", per esempio, a tutt'oggi viene suonato nella versione cover dei Beatles presente sul loro primo disco del 1963.
Ho fatto questa piccola premessa solo per introdurre quello che ritengo il più bel album di cover mai inciso fin'ora, pubblicato nel 1993. Il gruppo è un "SignorGruppo": si sono chiamati Spin 1ne 2wo ed è un gruppo formato da musicisti professionisti che per lavoro suonano con altri grandi artisti (sono i cosìdetti "session man"). La formazione degli Spin 1ne 2wo è la seguente: Phil Palmer alle chitarre (Phil, oltre ad aver suonato con artisti del calibro di Mark Knopfler, ha registrato diversi dischi con i nostri Battisti, Zero, De Gregori, Ramazzotti), Tony Levin al basso e allo stick (come non ricordarlo a fianco di Peter Gabriel in ogni suo disco dalla dipartita dei Genesis e in ogni turnè? Tra l'altro Tony Levin lo si può anche ritrovare in dischi di Fossati, Baglioni e Vasco Rossi), Paul Carrack alla voce (è il cantante di "Mike & Mechanics"), Steve Ferrone alla batteria (il nome da solo dice tutto) e Rubert Hine alle tastiere.
E' un album di cover, certo. Ma che genere di cover? Un gruppo musicale di questo spessore non può certo cimenarsi con i branetti usa e getta del momento. Ecco allora che vengono proposti brani scritti dai più grandi artisti che la storia del rock abbia mai conosciuto fin ora, in splendide ed esaltanti sonorità, con atmosfere ricercate e curate fin nei minimi particolari.
Il disco si apre con "All along the watchtower", brano del primo Bob Dylan, diventato poi cavallo di battaglia di Jimi Hendrix, qui proposto in una versione secca e tirata, come si può ben capire fin dalle prime note dal colpo secco sul rullante e dall'imponente ingresso della chitarra elettrica.
Il secondo brano, "Can't find my way home", fu il brano scelto come singolo per il disco e che radio e TV proposero per presentare il gruppo. Tony Levin da prova della sua versilità sullo stick (strumento sconosciuto ai più, di forma rettangolare e suonato con delle bacchette poste sulle dita), offrendo precisione e abbellimenti nella struttura ritmica, come si può notare dallo "stacco" di batteria presente nella parte finale del brano. Paul Carrack mostra a pieni polmoni la sua capacità canora, quasi non avesse fatto altro che cantare da quando è nato.
A seguire troviamo un brano dell'ultimo Jimi Hendrix che, rispetto ad altri suoi, è stato meno sfruttato dai numerosi artisti che ce lo hanno riproposto in tutte le salse; trattasi di "Angel", in una sentita versione, dove le chitarre di Phil Palmer fanno la loro carpa figura, suonate con precisione e con pochi virtuosismi, ma non sfigurando di fronte al grande guru della chitarra elettrica. E visto che un confronto con un grande chitarrista come Hendrix non può bastare, ecco allora che gli Spin 1ne 2wo ci offrono una cover di "White room" dei Cream, offrendo così a Phil la possibilità di mettersi a paragone anche con Eric Clapton. Il risultato è di quelli da brividi a fior di pelle! Ma la sua bravura con lo strumento a sei corde Phil Palmer la dimostra tutta in "Black Dog" dei Led Zeppelin. E in che modo? Semplicemente suonando tutte le chitarre e, soprattutto, suonando la cattivissima melodia già cantata da Robert Plant (e probabilmente, divertendosi come un matto!). A chiusura del disco troviamo un altro brano dei Led Zeppelin, la fantastica "Kashmir". Quasi a sottolineare la grandezza del gruppo di Plant e Page e il segno che questi hanno lasciato nella storia del rock.
E' un disco tutto da ascoltare. Aggiungere parole a tutte le note suonate potrebbe in qualche modo sminuirne l'importanza e la grandezza. Non vi è un solo brano che possa essere accantonato per dare spazio a quello successivo. Le splendide versioni di "You keep me hanging on" (cover di Vanilla Fudge) e di "Who are you" (cover degli Who) ne sono un esempio. Ma anche brani come "Reason to believe", "On the road again", "Feel like makin' love", "Reeling in the years" sono veri capolavori.
Questo disco nacque con l'idea di promuovere un nuovo studio di registrazione e la qualità delle sue sale di ripresa (si ascolti l'assolo di batteria in "Can't find my way home", dove vi il è solo ambiente naturale della sala ripresa), ma la sua grandezza anche nel fatto che non fu un'azione schiettamente commerciale, in quanto dopo aver registrato tutto il materiale (ci impiegarono solo qualche settimana, e pare che abbiano dovuto scartare diversi brani per giungere alla scaletta definitiva), ognuno di questi session man tornò al suo lavoro di sempre, senza fare promozioni al disco e senza fare un turnè. Credo vivamente che possa essere considerato un disco di 5 amici musicisti che si siano trovati a suonare per divertimento, come non facevano da tempo. In fondo la musica è questo, e non va mai presa troppo seriamente.

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